Federasma e Allergie OdV lancia un progetto per la costituzione di gruppi di Auto-Mutuo-Aiuto (AMA) per mettersi sempre più in ascolto dei bisogni dei pazienti e per mobilitare gli associati, i pazienti o caregiver che lo vorranno a sostenersi reciprocamente.
Come passo preliminare di questa iniziativa ha intrapreso un programma di formazione che coinvolge un gruppo di volontari come futuri facilitatori per favorire la nascita dei gruppi AMA. La formazione è stata resa possibile da un sostegno non condizionante di Novartis.
Cos’è un gruppo AMA?
“I gruppi AMA sono piccoli gruppi su base volontaria costituiti da pari, che si uniscono per assicurare reciproca assistenza nel soddisfare bisogni comuni, per superare, per esempio, le difficoltà di una patologia” – questa la definizione più condivisa. La prima esperienza risale agli ’30 del secolo scorso negli Stati Uniti, gli anni della Grande Depressione, quando l’alcolismo dilagava come conseguenza della crisi economica e nessuno se ne faceva carico, anzi, veniva stigmatizzato come piaga sociale. In quegli anni nascono gli Alcolisti Anonimi, la prima esperienza strutturata di come un gruppo di pari poteva lavorare per modificare un comportamento. Cinzia Albanesi in un libro molto interessante, “I gruppi di Auto-Aiuto”, edito da Carocci ci spiega che i gruppi AMA attuano uno sconvolgimento “C’è forse qualcosa di più potente o rivoluzionario per una persona riconosciuta come «incapace», «malata» o «dipendente» che ritrovarsi nella posizione di chi fornisce aiuto?”
Per quanto ci interessa, nell’ambito delle malattie croniche, l’obiettivo non è modificare dei comportamenti, ma migliorare il proprio rapporto con la malattia. Il presupposto è comunque la ricerca di un cambiamento: modificare il proprio rapporto con una condizione non modificabile, citando sempre Cinzia Albanesi. La fonte di aiuto deve risiedere negli sforzi, nelle competenze e nelle capacità dei membri che condividono il problema e che sono in relazione tra loro come pari. La fonte della loro competenza da mettere a disposizione agli altri è nella loro esperienza diretta del problema, sia come pazienti, sia come caregiver.
I gruppi AMA funzionano attraverso la narrazione e il disvelamento di sé; lo scambio di informazioni su quanto si è vissuto in prima persona, sulle proprie esperienze e sviluppo di sostegno emotivo (richiesta e offerta). Far parte di un gruppo AMA serve a migliorare il proprio stato di benessere, avviando un processo di cambiamento per rendere più efficace il modo in cui si affronta una condizione non modificabile come una malattia; potenziando la propria vitalità e creatività nonostante i paletti della malattia; rendendo disponibile la propria esperienza agli altri e dandole così valore.
I valori dei gruppi AMA
- Rispetto di sé e degli altri
- Fiducia in sé stessi e negli altri
- Accoglienza dell’altro
- Gratuità come valore dello scambio
- Gratitudine e riconoscenza
- Uguaglianza nella diversità
- Solidarietà e mutualità
I facilitatori
Dare vita a dei gruppi AMA partendo da zero non è banale. Può essere fondamentale la figura di facilitatore, una persona allo stesso livello dei partecipanti (non è un professionista, counselor o psicologo), ma che ha una responsabilità in più sul funzionamento del gruppo e sul rispetto delle regole, che sono semplici, ma non è altrettanto immediato vigilare sulla loro costante applicazione. Il facilitatore è una sorta di padrone di casa, che si deve occupare del gruppo come di un buon contenitore; deve porre attenzione a che gli ospiti si sentano a loro agio, liberi di esprimersi, di condividere le proprie storie senza timori di giudizi o di censura.
La formazione in corso
Il progetto di formazione – da gennaio a maggio – vede coinvolti un gruppo di volontari, futuri facilitatori di gruppi AMA. Si tratta di un percorso poco teorico, molto esperienziale che prevede una serie di incontri di gruppo, che serviranno ai futuri facilitatori a:
- sperimentare l’esplorazione di gruppo della dimensione emotiva legata alle patologie;
- prendere consapevolezza delle specifiche dinamiche di gruppo.
Per la formazione ci siamo rivolti ad Ariele, un’associazione che da quasi 40 anni lavora sul tema dei gruppi. Due docenti, un counselor e uno psicologo e psicoterapeuta, specializzato in terapia di gruppo guidano in questo percorso che è basato su un approccio immersivo, dove la parte teorica è relativamente limitata, mentre la parte pratica è preponderante. D’altra parte, imparare a fare i facilitatori è un po’ come apprendere a nuotare, in questo caso, nelle dinamiche del gruppo. Non si potrebbe fare a bordo piscina o in un’aula: richiede di immergersi e provare a “galleggiare”, prima, e poi attraversare l’acqua con una direzione. Solo così si può sintonizzarsi sul suo ruolo e comprendere come si può essere d’aiuto al gruppo affinché possa svolgere al meglio il proprio compito nei confronti dei partecipanti.